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MONZESI
Walter Mapelli
Intervista di Carlo Vittone sul  libro MONZESI - cinquanta personaggi della città


Walter Mapelli    Nato a Limbiate (MI) nel 1958, sposato con due figli. Studi al Liceo classico “Zucchi”, nel settembre 1976 è volontario in Friuli a Maiano con gli Alpini per la ricostruzione posterremoto. Laurea in giurisprudenza con pieni voti e lode nel 1982, diventa per un breve periodo dipendente della SIP per poi entrare in magistratura nel 1985. Dopo due anni di tirocinio a Milano, diventa sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Monza, conducendo alcune delle inchieste più delicate degli ultimi anni, alcune di rilevanza mediatica nazionale (tangenti,frodi intracomunitarie,usura,favoritismi nelle scuole di specialità di medicina, vari omicidi,alcuni di mafia) altre internazionali (truffa del lotto, riciclaggio finanziario,traffico di armi dall'Est europa all'Africa in collegamento con la commissione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU). Aderente a Magistratura Democratica, esperto di reati tributari ,appassionato di saggistica e in particolare di storia militare, nel tempo libero si dedica con grande passione al tennis.

foto di Fabrizio Radaelli


A chi, per qualche recondita deformazione psicologica, potrebbe credere di sentirsi un po' a disagio nell'intervistare un sostituto procuratore, immaginandoselo persona seriosa e grave, l'incontro con Walter Mapelli rivela un immagine del tutto opposta. Di lui ci colpiscono la grande comunicatività, la estrema franchezza, ma soprattutto le ripetute dichiarazioni di amore e passione per il proprio lavoro, anche nei suoi aspetti più umili e abitudinari. Quando gli chiediamo di ripercorrere la sua carriera professionale si getta a rievocare alcuni fatti che con qualche fatica ricordiamo anche noi.

La mia prima esperienza di un certo peso fu nel 1987, avevo solo 29 anni. Si trattava di uno stupro ai danni di una giovane ragazza inglese presso una caserma dei Carabinieri a Lentate sul Seveso. Fu un caso di rilievo nazionale e mi sentivo tutta l'opinione pubblica sul collo. Al processo come controparte mi ritrovai l'avvocato Della Valle, noto penalista monzese. I responsabili furono condannati (e la condanna resistette poi ad ogni ricorso, fino alla Cassazione). Ma in fase istruttoria diedi anche parere favorevole alla scarcerazione, perché non ritenevo possibile un'eventuale reiterazione del reato, avvenuto in circostanze non ripetibili. Era una posizione coraggiosa, in molti mi criticarono, ma il tribunale accettò le mie tesi.

Un vero battesimo di fuoco.

Sì. E poco dopo, nel 1988, ebbi in carico un altro caso di grande e purtroppo tragica rilevanza, il caso dell'ACNA di Cesano Si trattava di decine e decine di operai morti per tumore alla vescica in seguito all'esposizione continua a sostanze tossiche nella fabbrica, ammine aromatiche dal sicuro effetto cancerogeno. Mi ricordo ancora di una testimonianza davvero agghiacciante. Il medico di fabbrica ammise: “mandavamo sempre le stesse persone i in quei reparti, perché sapevano bene del pericolo e tendevamo a limitare le perditei”. Anche in questo caso i responsabili furono inizialmente puniti ma poi intervenne la prescrizione.

Beh, nel giro di due anni Lei si occupò di due processi di rilievo nazionale. Ed era alle prime armi.

Sì, ma ricordo anche altri processi meno eclatanti, ma che mi diedero grande soddisfazione professionale. Come nel 1989, quando seguii un caso di bancarotta preferenziale riguardante anche funzionari di un istituto di credito.

Confessiamo la nostra ignoranza in materia

Sì, è una questione un po' tecnica. Ma la mia impostazione del caso fu accolta in pieno. Veda, io mi considero, come dire? un “maniscalco del diritto”. Anche se in un processo di scarsa notorietà, aver visto accolte le mie tesi in ambito dottrinale mi riempì nuovamente di soddisfazione.
Certo,non sono mancate anche le delusioni,come quando la Cassazione nel 1998 annullò un processo per riciclaggio internazionale di denaro di origine criminale per via telematica ;se però svolgi il tuo compito con prudenza e sei disposto ad ascoltare ed accogliere le opinioni e i dubbi delle controparti,è più difficile sbagliare. Inoltre la “sconfitta “ aiuta a rimanere con i piedi per terra,a riflettere sulla tua preparazione professionale e sui criteri seguiti, ad evitare che la presunzione attenui il grado di attenzione e il livello di diligenza. Io poi, per natura e formazione, credo di essere rigoroso e ipercritico con me stesso e tollerante con gli altri e ciò mi agevola nel dare concreta attuazione a questi “ precetti”.


Da come parla, mi pare di capire che Lei nutra un grande amore per il Suo lavoro.

Sì, ne sono davvero innamorato e questo è un aspetto fondamentale della mia vita. Veda, io sono diventato sostituto procuratore un po' per caso, ma credo che se fossi finito, che so?, alla Pretura del lavoro, mi sarei certamente annoiato a morte. Qui costruisci qualcosa, vedi crescere un processo, hai un risultato concreto dinanzi agli occhi. E poi, lo dico senza alcun intento moralista, nel ricostruire fatti e responsabilità hai la precisa consapevolezza di rendere un servizio ai cittadini, all'intera collettività, che deve conoscere l'Istituzione e riconoscersi nella stessa. Io sono un assertore della necessità di colloquiare con gli utenti, di parlare di Magistratura e Giustizia nelle scuole e sono felice quando mi si offre la possibilità di farlo. .E contemporaneamente non dimentico mai la dimensione umile e quotidiana di questo lavoro. Nel 1993, in piena Tangentopoli monzese, chiesi di potermi occupare anche di esecuzione penale, un compito un po' oscuro ma necessario. L'estrema notorietà mi dà un po' fastidio e può provocare un “delirio” di onnipotenza.

Mai avuto la tentazione di fare come Antonio Di Pietro? Di abbracciare una carriera politica?

(ride) No, mai, davvero mai. Con tutto il rispetto per le scelte di ciascuno, credo ci debbano essere bravi magistrati e bravi politici. Il travaso tra i due gruppi è davvero difficile. Di Pietro comunque si è dimesso, altri no, sono politici a tempo pieno e giudici in aspettativa. Pur non essendovi divieti, ritengo inopportuno, nell'attuale ordinamento che assicura una reale indipendenza alla Magistratura, entrare nell'agone politico con scelte di campo. Arrivo a dire che una limitazione dell'elettorato passivo potrebbe rappresentare il necessario bilanciamento dell'Indipendenza del magistrato,per cui chi sceglie la politica attiva deve lasciare l'Istituzione. Ciò, ovviamente ,non significa che questi non possa esporre le proprie opinioni e partecipare alla vita sociale.

Già, la Tangentopoli monzese. Lei ha istruito quasi tutti i processi di quegli anni. Trascorso quasi un decennio da allora, cosa si sente di dire?

Anzitutto mi preme far notare che tutti gli imputati, tranne davvero pochissime eccezioni, furono poi condannati. Ricordo bene l'estrema prudenza che avevamo nel procedere, io stesso mi ripetevo continuamente che non potevo permettermi di accusare degli innocenti. Noi perseguiamo i responsabili di reati,non la distruzione di un sistema illecito. Quando sei nell'occhio del ciclone devi sentirti ancor più responsabilizzato. Ma il sistema di malaffare era così esteso e così ramificato che da un fatto ne seguiva subito un altro, come anelli di una gigantesca catena. Oggi mi sento assolutamente sereno su quelle condanne, davvero non ci sono state “vittime della giustizia”.

Fenomeno debellato?

Beh, a quell'epoca la corruzione era presente davvero in tutti i settori, dalle concessioni edilizie agli appalti pubblici. Poi, salvo qualche caso isolato , non abbiamo più avuto evidenze di reato in quei termini imponenti.

E oggi?

Ah, questo francamente non posso dirlo,anche perché non tratto più questa specifica criminalità. L'impressione è comunque che non la politica non abbia svolto la sua parte,intervenendo in modo significativo sia per chiudere una “stagione”,sia per modificare regole e procedure in modo da prevenire la reiterazione,in forma “patologica” e cioè in gran quantità, di fatti corruttivi..

Ma in generale che giudizio dà su Monza?

Credo sia una città che ha perso molte occasioni. Sono mancate delle scelte strategiche fondamentali per la città, si è pensato solo all'immediato e alla generazione presente senza una visione proiettata nel futuro . Penso al metrò,al taglio della ferrovia, alla Villa Reale, ad uno sviluppo urbanistico caotico e insostenibile, al recupero di aree dismesse solo in chiave residenziale e non di supporto alle imprese della Brianza,,al congestionamento da traffico. Prenda il caso del Canale Villoresi: potrebbe esservi accanto una pista ciclabile che attraversi l'intera città, un vero fiore all'occhiello per Monza. E invece si procede a spizzichi, con interventi limitati e frammentari .

Accetterebbe un trasferimento in altra sede?

No, almeno ora. Monza è la mia città, qui ci vivo da anni con mia moglie e i miei figli. E poi, da un punto di vista professionale, è una città che mi offre sempre tantissimi stimoli.Come disse Primo Levi, svolgere un lavoro che piace avvicina l'uomo alla felicità.

Carlo Vittone


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 22 novembre 2003